Camice bianco che fa pendant con la sua capigliatura ormai da uomo navigato e saggio. Sorriso pronto all’accoglienza anche nei momenti difficili e una grande passione di vita: i bambini. Riccardo Scudo, primario di Pediatria nello Spoke di Castrovillari, ha timbrato oggi il suo ultimo cartellino professionale. Dopo 44 anni di servizio ha lasciato il timone del reparto nell’ospedale di Castrovillari a Filomena Stamati, che da domani avrà funzioni da primario, e alla squadra che lui stesso ha visto crescere ed ha aiutato ad irrobustirsi nelle competenze professionali.
Una vita in camice tra i bambini. Ne ha visti centianaia, ne curati altrettanti, tutti con la stessa missione di medico in trincea per far tornare il sorriso ai piccoli malati. «Devo a mio fratello la scelta di questa branca della medicina» ci racconta nel suo ultimo giorno di lavoro. Quando era nel momento di scegliere in quale indirizzo specializzarsi stava rischiando di fare l’anestesista. Poi ad una domanda del fratello capì che la sua missione erano i piccoli e così iniziò la sua formazione: prima all’università di Messina, poi la specializzazione in pediatria a Firenze. Nel suo currilum decine di corsi di perfezionamento in neonatologia, immunologia pediatrica e altri, ma anche la specializzazione in allergologia presso l’Università di Bari e quella di anestesia e rianimazione a Catania.
Nel 1981 l’arrivo a Castrovillari con il tirocinio pratico, l’inizio di una vita tra le corsie all’ombra del Pollino che non si è più interrotta. Divenne assistente, poi aiuto primario e nel 2000 l’inizio della sua carriera da responsabile del reparto fino al giorno della sua pensione. «Lascio un reparto con medici e infermieri davvero in gamba. Nella mia carriera da primario sono stato fortunato – confessa – perchè ho avuto collaboratori che non hanno mai guardato l’orologio davanti ai bisogni dei bambini».
Dal Raganello al Covid, le storie più toccanti
Nel suo zaino di esperienze la capacità di essere un buon caposquadra. Ha saputo costruire una equipe di medici giovani, accanto a professionisti di esperienza, dando a tutti «l’opportunità di poter crescere professionalmente. Ho interpretato il ruolo del primario trasferendo il concetto che ero uno di loro pronto a collaborare e sviluppare le professionalità di ciascuno».
Nella sua storia professionale tanti momenti nell’album dei ricordi: dalla tragedia del Raganello «nel corso della quale abbiamo salvato tutti i bambini che arrivarono in ospedale» ai difficili mesi del Covid «durante i quali il nostro impegno era non ammalarci nell’interesse del servizio che dovevamo svolgere». Ma anche storie difficili e più belle da ricordare. Tra queste un bambino arrivato in ospedale con un tumore ormai nella fase terminale che con rassegnazione lo guardò sapendo di dover morire «un momento che ancora oggi mi commuove» racconta con la voce rotta dall’emozione e la storia a lieto fine di un piccolo paziente riportato alla vita dopo essere stato curato con abnegazione da una sepsi molto grave con la partecipazione di tutto il reparto.
E poi ancora le sua battaglie e gli interventi nei consigli comunali della città quando per la carenza di medici e infermieri il reparto rischiava la chiusura. Sempre in prima linea per difendere il diritto alla salute dei suoi piccoli pazienti, con la missione di medico dei bambini stampata nel cuore e non solo nelle parole del giuramento di Ippocrate. Un condottiero buono, un medico saggio, scrupoloso, attento, premuroso e mai stanco di correre dal reparto alle famiglie in un continuo rapporto ospedale – territorio che lo ha reso credibile e riconoscibile nella sua missione di medico anche con le amministrazioni comunali del territorio che non sono mai mancate ai tanti appuntamenti promossi dalla Pediatria per informare, accompagnare, sensibilizzare alle tematiche di cura e attenzione verso i piccoli.
Da domani inizia la sua nuova vita. «Riposerò di sicuro anche se il reparto mi mancherà tantissimo, ma dopo un periodo di pausa mi dedicherò alla libera professione come consente la legge. Ma sarò sempre presente nelle iniziative che il territorio, l’ospedale e le associazioni faranno a favore dei bambini. Lascio il mio lavoro in ospedale con nostalgia ma con la consapevolezza di lasciare il reparto in mani sicure a persone eccezionali, preparate che sapranno fare anche meglio di me».